Was Guardini “Looking” in the Palermo or the Monreale Cathedral?
Palermo Cathedral
Monreale Cathedral
I quoted Romano Guardini:
The liturgical act can be realized by looking. This does not merely mean that the sense of vision takes note of what is going on in front, but it is in itself a living participation in the act. I once experience this in Palermo Cathedral when I could sense the attention with which the people were following the blessings on Holy Saturday for hours on end without books or any words of “explanation.” Much of this was, of course, an external “gazing,” but basically it was far more. The looking by the people was an act in itself; by looking they participated in the various actions.
—A Letter from Romano Guardini on the Essence of the Liturgical Act—1964
This is experience of Guardini’s is recalled in an essay by Pietro De Marco comparing the Cathedral of Monreale, Sicily, with the new church designed by Richard Meiers for Tor Tre Teste near Rome. How wonderful to learn that Guardini’s letter of 1964 itself recalls an experience from 1929. Did I have a similarly memorable experience in 1971, and will I have a memorable experience in 2006?
A question, though. Guardini writes “Palermo Cathedral.” Pietro De Marco cites a pastoral letter by the archbishop of Monreale, Cataldo Naro, according to which the “looking” took place in the Monreale Cathedral. No doubt, Guardini visited both cathedrals. In which of them was he on Holy Saturday 1929?
The answer is Monreale, and the proof is in Archbishop Cataldo Naro’s pastoral letter, which quotes Guardini [English translation]:
Monreale, sabato santo. Al nostro arrivo la cerimonia sacra era già arrivata alla benedizione del cero pasquale. Subito dopo il diacono avanzò solennemente lungo la navata principale e portò il lumen Christi. L’exsultet fu cantato davanti all’altare maggiore. Il vescovo stava seduto sul suo trono di pietra elevato alla destra dell’altare e ascoltava. Seguirono le letture tratte dai profeti, ed io vi ritrovai il significato sublime di quelle immagini musive. Poi la benedizione dell’acqua battesimale in mezzo alla chiesa. Intorno al fonte stavano seduti tutti gli assistenti, al centro il vescovo, la gente stava attorno. Portarono dei bambini, si notava la fierezza commossa dei loro genitori, ed il vescovo li battezzò. Tutto era così familiare. La condotta del popolo era allo stesso tempo disinvolta e devota, e quando uno parlava al vicino, non disturbava. In questo modo la sacra cerimonia continuò il suo corso; si dislocava un po’ in tutta la grande chiesa, ora si svolgeva nel coro, ora nelle navate, ora sotto l’arco trionfale. L’ampiezza e la maestosità del luogo abbracciarono ogni movimento e ogni figura, li fecero reciprocamente compenetrare sino ad unirsi. Di tanto in tanto un raggio di sole penetrava nella volta, e allora un sorriso aureo pervadeva lo spazio in alto. E ovunque su un vestito o un velo ci fosse un colore in attesa, esso era richiamato dall’oro che riempiva ogni angolo, veniva condotto alla sua vera forza e assunto in una trama armoniosa che colmava il cuore di felicità.
La cosa più bella però era il popolo. Le donne con i loro fazzoletti, gli uomini con le loro coperte [scialli] sulle spalle. Ovunque volti marcati e un comportamento sereno. Quasi nessuno che leggeva, quasi nessuno chino a pregare da solo. Tutti guardavano. La sacra cerimonia si protrasse per più di quattro ore, eppure sempre ci fu una viva partecipazione.
Ci sono modi diversi di partecipazione orante. L’uno si realizza ascoltando, parlando, gesticolando; l’altro invece si svolge guardando. Quello è buono, e noi del Nord non ne conosciamo altro. Ma abbiamo perso qualcosa che lì ancora c’era: la capacità di vivere-nello-sguardo, di stare nella "visione"; di accogliere il sacro dalla forma e dall’evento, contemplando…
Me ne stavo per andare, quando improvvisamente scorsi tutti quegli occhi rivolti a me, quasi spaventato distolsi lo sguardo, come se provassi pudore a scrutare in quegli occhi ch’erano già stati dischiusi sull’altare
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